INTRODUZIONE

Nella presente ricerca intendiamo mettere a fuoco le relazioni ipotetiche tra atteggiamenti
ipocondriaci e alcune modalità di costruzione dell’ immagine corporea. Alla base di questa
ipotesi c’ è un particolare modello che inquadra il fenomeno ipocondria all’ interno di
processi psicofisiologici (Ruggieri, Castellano,1993). Questo modello si fonda su due pilastri
fondamentali che sono quello del narcisismo e quello del ruolo del corpo nella produzione di
segnali. Questi due pilastri concettuali sono, a loro volta, strettamente collegati tra loro.

Abbiamo definito il narcisismo attraverso una rilettura psicofisiologica di alcuni concetti di
Kohut: punto centrale di questa operazione è nell’ enfasi posta sul processo di integrazione di
diversi livelli esperienziali, di cui quello corporeo costituisce l’ insostituibile asse centrale. La
patologia narcisistica è il risultato di difficoltà nel processo di integrazione da parte dell’ Io di
diversi livelli di esperienze fisiche e psichiche (Ruggieri, Fabrizio, 1994). Per capire questo
processo è necessario immaginare il corpo come una sorgente continua di eventi/informazioni
che devono essere integrati dal Sistema Nervoso Centrale. Tali informazioni hanno un’azione
sul Sistema Nervoso Centrale che può essere sia di tipo eccitatorio che inibitorio. In altro
lavoro per esempio, a questo proposito, abbiamo messo in evidenza l’esistenza di patologie da
carenza di segnali di stop (Ruggieri, 1987). In questo caso, per la mancanza di segnali
corporei, (provenienti dalla cute, dai muscoli, etc.) non si avrebbe un abbassamento del livello
centrale encefalico di eccitazione (ansia).

Nello stesso lavoro abbiamo ipotizzato che tale
meccanismo di regolazione dei livelli di eccitazione centrale da parte della periferia del
corpo, possa essere appreso nelle precoci fasi di sviluppo e diventare però nel tempo un tratto
relativamente stabile di personalità. Lo sfondo culturale più remoto di questa concezione è
costituito dalle brillanti ricerche di Harry F. Harlow e collaboratori (1959) sulle scimmie
Rhesus. Nel suo esperimento, Harlow costruì due surrogati di madre: uno fatto da un cilindro
di fili di ferro, l’ altro di legno , ricoperto di gommapiuma e rivestito di un tessuto spugnoso.
L’ ipotesi da verificare era quella di vedere se le scimmiette avrebbero orientato o meno il
loro “attaccamento” sulla base della nutrizione. I risultati dell’ esperimento verificarono che
la variabile nutrizione non aveva alcun effetto sull’ attaccamento preferito dalle scimmiette:
tutte passavano la maggior parte della giornata “ attaccate” alla “madre di stoffa”. Inoltre,
esposte a stimoli paurosi, tutte quante si aggrappavano alla “madre di stoffa” e mostravano in
tal modo di tranquillizzarsi. Riportando il discorso attorno al nostro tema dell’ ipocondria, diciamo innanzitutto che ci riferiamo ad una dimensione e non ad una rigida categoria
psichiatrica. In quanto dimensione, atteggiamenti ipocondriaci possono essere presenti in
diversa misura in una popolazione di soggetti considerati da un punto di vista psichiatrico
perfettamente normali.

A questo punto formuliamo la nostra ipotesi circa l’ ipocondria
ricordando innanzitutto che l’ operazione narcisistica fondamentale consiste nel dare coerenza
e unità contestuale agli eventi corporei nei diversi livelli funzionali. Nell’ ipocondria questo
meccanismo sarebbe alterato per una difficoltà di tipo narcisistico (Ruggieri, Castellano,
1993) per la quale il soggetto non è in grado di operare l’ integrazione e la sintesi di diverse
attività corporee. A causa di questa ipotizzata difficoltà alcuni eventi somatici non sarebbero
ben inseriti nei giusti contesti funzionali. Alcuni eventi corporei finirebbero per risultare
decontestualizzati. Tali eventi finirebbero per assumere il ruolo di segnali negativi
inquietanti, eventi mal interpretabili in una rappresentazione ordinata dei normali processi
corporei. Questo fenomeno della regolamentazione narcisistica degli eventi corporei è
strettamente legato, secondo il nostro modello, a quel fondamentale fenomeno
psicofisiologico che chiamiamo di costruzione dell’ immagine corporea (Ruggieri, D’Ippolito,
Sapora,1993). A proposito di immagine corporea noi superiamo l’ antica distinzione tra
schema corporeo e immagine corporea con Fisher:” Non ha molto senso parlare di una
semplice e unitaria immagine corporea o schema corporeo.

L’organizzazione dell’esperienza corporea è multidimensionale. In ogni momento un individuo può simultaneamente controllare tanti differenti aspetti del suo corpo, come la sua posizione nello spazio, l’ integrità dei suoi confini, il suo relativo rilievo nel campo percettivo totale, i cambiamenti nelle sue dimensioni apparenti, e così via”. Per noi l’ immagine corporea è una sorta di mappa corticale di tutti i livelli funzionali corporei che si traduce in
immagine-rappresentazione che a sua volta organizza la stessa attività corporea. In altri
termini la costruzione dell’ immagine corporea avviene attraverso la sintesi e l’ integrazione
delle varie afferenze che, dalla periferia corporea, arrivano alla corteccia cerebrale (lobo
parietale). Dunque l’ immagine corporea costituisce uno specchio dell’ attività della periferia
corporea: ma tale attività è a sua volta modulata dalla stessa immagine corporea. Infatti,
secondo la nostra ipotesi, il processo di costruzione dell’ immagine corporea sarebbe
circolare e produrrebbe una corrispondenza tra la rappresentazione dell’ attività e l’ attività
stessa. Perciò l’ immagine corporea assume un ruolo di “ponte” che si colloca tra periferia e
centro (Ruggieri, D’ Ippolito, Sapora,1993). Pertanto diciamo che quando alcuni segnali
corporei, per un disordine di tipo narcisistico, non sono ben contestualizzati a livello dell’

immagine-rappresentazione del corpo stesso, finiscono con l’ assumere il ruolo di eventi
vaganti che rendono inquieta la stabilità omeostatica. Poiché la costruzione dell’ immagine
corporea si pone in una dinamica circolare rispetto al corpo, è possibile ipotizzare che l’
immagine corporea non sia in grado di raccogliere e organizzare tutte le informazioni
corporee. In altri termini, alcuni eventi corporei si sottrarrebbero a questo processo circolare
che lega il corpo alla sua rappresentazione (immagine corporea). Quanto abbiamo finora
affermato è però soltanto una cornice ampia. Nel presente lavoro intendiamo esaminare in
modo più limitato solo un aspetto di questo complesso processo ipotizzato. Infatti, se la
costruzione dell’ immagine corporea è in gran parte il prodotto di sintesi di informazioni
visive e cinestesiche provenienti dal corpo, ci chiediamo se ci sia un rapporto tra modalità
dell’ informazione sensoriale che esita nella costruzione dell’ immagine corporea, e livelli
delle diverse componenti/scale della dimensione ipocondriaca. A questo proposito ricordiamo
brevemente che il nostro gruppo di lavoro ha elaborato un test che cerca di esaminare il peso
che le informazioni sensoriali, tattili e visive delle diverse aree del corpo, hanno nella
costruzione di mappe corticali centrali.

SOGGETTI

Il gruppo era composto da 30 studentesse di Psicologia di età compresa tra i 20 e i 30 anni.

STRUMENTI

Lo studio del comportamento nei confronti della malattia è stato effettuato attraverso l’
I.B.Q., Illness Behaviour Questionnaire (Spence e Pilowsky, 1981), che si presenta come un
test dimensionale. Le scale del questionario sono:

  1. Ipocondria generale, che ,misura gli atteggiamenti fobici nei confronti della malattia.
  2. Convinzione di malattia, che misura gli atteggiamenti del soggetto verso ogni sintomo e
    la sua certezza di avere una malattia fisica.
  3. Percezione psicologica contro percezione somatica, in cui un punteggio basso indica la
    tendenza a somatizzare, mentre un punteggio alto indica la capacità di concettualizzare la
    malattia in termini psicologici.
  4. Inibizione affettiva, che misura la difficoltà del soggetto ad esprimere sentimenti
    personali ad altri.
  5. Disforia, che misura ansia e depressione.
  6. Negazione, che valuta l’ uso che il soggetto fa della malattia per negare gli altri suoi
    problemi.
  7. Irritabilità, che misura gli attriti interpersonali.
    L’ esame dello schema corporeo è stato effettuato mediante il S.I.B.I.T.. Il Sensorial
    Integration Body Imagery Test di Ruggieri esplora la percezione corporea, più precisamente
    intende valutare il grado di integrazione corporea attraverso: a) la misura del tempo
    impiegato da un soggetto per percepire parti del proprio corpo suggerite dallo sperimentatore
    (latenza); b) la modalità percettiva utilizzata dal soggetto; c) l’ intensità della percezione. In
    questo studio il test è stato utilizzato per le seguenti parti del corpo: il torace e l’ addome.
    Si chiedeva al soggetto di percepire prima il torace ed infine l’ addome. In un secondo tempo
    si chiedeva al soggetto di dividere idealmente il torace in più porzioni (torace superiore,
    torace medio, torace inferiore) e percepire queste porzioni isolatamente. Infine, facendo
    immaginare al soggetto due righe verticali che percorressero queste tre fasce orizzontali, egli

doveva dividere il torace in 9 parti : parte inferiore sinistra, parte superiore centrale, parte
mediana destra, parte inferiore mediana, parte inferiore destra, parte mediana sinistra, parte
centrale mediana, parte superiore destra, parte superiore sinistra. Anche queste parti
dovevano essere percepite isolatamente. La stessa suddivisione veniva effettuata anche per l’
addome. Il soggetto era poi invitato a percepire nuovamente nella sua globalità il torace e l’
addome.

PROCEDURA

I due tests sono stati somministrati individualmente ed in modo randomizzato nel
laboratorio di Psicofisiologia Clinica dell’ Università “La Sapienza” di Roma.
Al momento della presentazione del Sensorial Integration Body Imagery Test, si spiegava al
soggetto cosa significa il termine “percepire” leggendo le seguenti istruzioni: “si può
percepire visivamente o cinestesicamente cioè sentire la presenza corporea (es. puoi vedere il
tuo braccio o sentirne la presenza). Io le indicherò delle parti del corpo e lei risponderà non
appena le vedrà o le sentirà dando la priorità, se le percepirà in entrambi i modi nel dire “la
vedo e la sento, o la sento e la vedo”, a seconda dell’ ordine della percezione.
Userà inoltre una scala che va da 0 a 5 dove lo 0 indica nessuna percezione e il 5 la massima
percezione possibile. Per esempio quando le suggerirò di percepire una parte del corpo, mi
potrà rispondere: “la vedo 3 e la sento 2” che significa che prima l’ ha percepita visivamente
e poi l’ ha percepita cinestesicamente con una minore intensità rispetto all’ immagine. Se ha
delle domande da farmi, le faccia ora perché poi useremo una cassetta che metteremo nel
registratore e non potrò più rispondere”.
Se il soggetto ancora non avesse capito, si poteva fare una prova facendogli chiudere gli
occhi e dicendogli: “cerchi di percepire globalmente il suo braccio… Quando lo avrà fatto mi
dica di sì… Lo ha visto o lo ha sentito?” In questo modo era possibile operare una correzione
se il soggetto dimenticava la priorità o l’ intensità.
Una volta azionato il registratore, la voce registrata sul nastro magnetico forniva le seguenti
istruzioni:
“Si sieda comodamente sulla sedia, in modo che sia il più rilassato possibile. Ora chiuda gli
occhi e cerchi di percepire il torace, globalmente, nel suo insieme. Quando lo avrà fatto mi
dica di sì “; e così per tutte le altre parti del corpo. Non appena la voce del registratore

pronunciava la parte del corpo da percepire, si azionava un cronometro che veniva bloccato
non appena il soggetto rispondeva “sì”.
Dopo ogni misura di latenza, si chiedeva al soggetto che tipo di modalità percettiva aveva
utilizzato per percepire ogni singola area: se visiva, cinestesica, o doppia, visiva e cinestesica.
Inoltre, venivano registrate le intensità della percezione per ogni modalità.

RISULTATI

I punteggi medi e le deviazioni standard del test sull’ immagine corporea, S.I.B.I.T. riferite
alle latenze e alla percezione visiva e cinestesica del torace e dell’ addome, percepiti sia
globalmente sia analiticamente per sottodistretti, sono indicati nelle tabelle Ia, Ib, Ic, Id, Ie,
If. Nella tabella II sono indicati i punteggi medi e le deviazioni standard delle scale relative
all’ IBQ,Illness Behaviour Questionnaire. Nella tabella III sono indicate le correlazioni di
Pearson. Come si può osservare nella tabella III, l’ Ipocondria Generale si correla
positivamente con l’ intensità della percezione visiva di 5 distretti toracici: superiore in toto,
superiore mediano, mediano destro, inferiore e superiore destro. Inoltre è positiva la
correlazione con la percezione visiva della regione ombelicale e della porzione
sopraombelicale sinistra. La percezione cinestesica finale dell’ addome globale e quella della
parte sopraombelicale destra mostrano una correlazione negativa con questa scala.
Interessante é l’ assenza di correlazioni significative tra percezione cinestesica del torace (sia
globalmente che in singoli distretti) e la scala dell’ Ipocondria Generale.
La convinzione di malattia si correla positivamente con la percezione visiva di ben 10 parti: 5
del torace e 5 dell’ addome. Inoltre si correla positivamente con la percezione cinestesica di 3
parti: 1 del torace e 2 dell’ addome. Negativa é la correlazione soltanto con la percezione
cinestesica della fascia inferiore del torace (-0.35).
Per quanto riguarda la Percezione Psicologica contro Somatica essa si correla positivamente
con la percezione visiva di 5 parti del torace e 6 dell’ addome; si correla positivamente con la
percezione cinestesica della parte superiore destra del torace e negativamente con la parte
inferiore mediana.
L’ Inibizione Affettiva si correla positivamente con la percezione visiva di 4 parti del torace.
Si correla negativamente con la percezione cinestesica della parte inferiore destra del torace e
del torace globale (nella percezione finale), per quanto riguarda l’ addome con la parte
sottombelicale centrale.

Disforia e Negazione hanno un andamento parallelo con la crescita dell’ intensità visiva . L’
Irritabilità mostra correlazioni negative con la percezione visiva dell’ addome globale , con la
parte inferiore mediana del torace e con la parte ombelicale. Positiva é la correlazione con la
parte sopraombelicale centrale e con la parte superiore e superiore mediana del torace.
L’ Irritabilità mostra nelle correlazioni un comportamento che si diversifica dalle altre scale,
infatti compaiono in prevalenza correlazioni negative tra l’ intensità di percezione visiva di 2
aree addominali e 1 toracica.

SETTORI GLOBALI

TAB.Ia
TORACE ADDOME
MEAN St.dev. MEAN St.dev.
LAT. 4.9 4.0 4.4 6.6
INT.VISIVA 1.600 1.453 2.000 1.819
INT.CINES. 3.133 1.570 3.400 1.276
LATENZA TAB.Ib

FASCE ORIZZ. QUADR. DESTRO QUADR. MEDIANO QUADR. SINISTRO
MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev.
SUPERIORE 3.8 3.9 3.9 6.4 3.8 4.0 3.5 6;5
MEDIO 4.0 5.0 3.5 3.4 3.7 8.2 4.7 6.3 TORACE
INFERIORE 5.7 10.3 5.1 9.3 4.2 6.0 2.8 2.5
SUPERIORE 3.0 3.3 2.9 3.2 3.1 4.2 3.8 5.8
MEDIO 2.7 2.8 3.7 4.6 2.6 3.2 3.6 4.8 ADDOME
INFERIORE 3.4 4.5 4.6 9.3 2.6 2;7 3.1 3.1
INTENSITA’ VISIVA TAB.Ic

FASCE ORIZZ. QUADR. DESTRO QUADR. MEDIANO QUADR. SINISTRO
MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev.
SUPERIORE 2.567 1.455 2.833 1.440 2.800 1.584 2.400 1.545
MEDIO 2.000 1.597 2.567 1.478 2.867 1.814 2.100 1.539 TORACE
INFERIORE 2.367 1.520 2.367 1.542 2.000 1.661 2.467 1.383
SUPERIORE 2.367 1.790 2.467 1.479 2.700 1.745 2.300 1.368
MEDIO 2.600 1.940 2.200 1.375 3.233 1.633 2.367 1.245 ADDOME
INFERIORE 2.500 1.717 2.467 1.502 2.433 1.612 2.467 1.306
INTENSITA’ CINEST. TAB.Id

FASCE ORIZZ. QUADR. DESTRO QUADR. MEDIANO QUADR. SINISTRO
MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev.
SUPERIORE 2.800 1.518 2.333 1.936 2.233 1.851 2.200 1.730
MEDIO 2.267 1.574 1.900 1.807 3.433 1.654 1.300 1.368 TORACE
INFERIORE 2.400 1.754 1.967 1.732 2.667 1.626 1.833 1.724
SUPERIORE 2.733 1.639 1.600 1.589 2.933 1.530 1.900 1.689
MEDIO 3.267 1.680 1.867 1.697 3.267 1.680 1.767 1.832 ADDOME
INFERIORE 3.200 1.518 2.067 1.929 3.000 1.722 1.833 1.877
SETT. GLO.FIN. TAB.Ie

LATENZA INT.VISIVA INT.CINEST.
MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev.
TORACE 4.2 5.7 2.667 1.988 3.633 1.377
ADDOME 3.3 3.3 3.133 1.814 3.233 1.755
DIVISIONE SOTDIS. TAB.If

LATENZA INT.VISIVA INT.CINEST.
MEAN St.dev. MEAN St.dev. MEAN St.dev.
3 PARTI 4.2 6.8 3.233 1.547 1.400 1.545 TORACE
9 PARTI 5.6 5.9 3.767 1.040 0.633 1.189
3PARTI 3.5 5.5 3.333 1.322 1.433 1.794 ADDOME
9 PARTI 5.1 7.6 3.500 1.253 1.000 1.640
Legenda: vedi
testo.
SCALE IBQ TAB.II
MEAN St.dev.
IPOCONDRIA 2.36 2.22
CONVINZIONE 1.50 1.19
P.PS./SOM. 2.73 0.69
INIBIZ.AFFETT. 1.76 1.61
DISFORIA 2.96 1.44
NEGAZIONE 2.13 1.33
IRRITABILITA’ 1.36 1.49
Legenda: le scale del test I.B.Q. sono: Ipocondria generale, Convinzione di malattia,
Percezione psicologica contro somatica, Inibizione affettiva, Disforia, Negazione,
Irritabilità.

TAB. III
INTENSITA’ VISIVA
Ipocondria Convinzione Psic/Somatica Inibizione Aff. Disforia Negazione Irritabilità
superiore 0,376 9 parti tor. 0,457 9 parti tor. 0,388 superiore 0,362 su/me/inf 0,438 sup.med. 0,35 superiore 0,443
sup. med. 0,47 med. dx 0,447 infer. sin. 0,356 infer.sin. 0,428 mediana 0,451 med.dx 0,475 sup.med. 0,351
med. dx 0,48 centr. med. 0,425 sup. med. 0,392 med. dx 0,382 9 parti torace 0,406 sup.sin. 0,525 infer.med; -0,484
inf. dx 0,499 sup. dx 0,463 infer. med. 0,493 infer.dx 0,472 infer;dx 0,371 9 parti
addome

0,462 addome -0,473
sup. dx 0,404 sup. sin. 0,469 cent.med. 0,408 9 parti add 0,419 sopr.centr. 0,459 ombelicale -0,454
sopr. sin. 0,351 ombelicale 0,392 addome 0,434 sopr.sin. 0,396 sopr.centr. 0,476
omb. centr. 0,436 sopr. dx 0,563 sopraomb. 0,478 omb.centr. 0,505

omb. dx 0,447 omb. dx 0,475
sopr. sin. 0,431 sopr.sin. 0,458
omb.sin. 0,494 sott.dx 0,368
omb. sin. 0,395

INTENSITA’
CINESTESICA
Ipocondria Convinzione Psic/Somatica Inibizione Aff. Disforia Negazione
sopr.dx -0,37 superiore 0,361 infer.med. -0,39 infer.dx -0,37 omb.dx 0,405 so/om/sot 0,379
addome -0,38 inferiore -0,35 super.dx 0,378 torace glob. -0,38
sopr.centr. 0,415 sott.centr. -0,41
sopr.sin. 0,35

Legenda: vedi testo.

CONCLUSIONE E COMMENTO

In conclusione possiamo dire che i nostri risultati confermano ampiamente l’ ipotesi dell’ esistenza
di relazioni tra alcuni aspetti della costruzione dell’ immagine corporea e atteggiamenti
ipocondriaci. Le relazioni tra percezione corporea e ipocondria sono differenti se ricordiamo che
nello studio della costruzione dell’ immagine corporea, da noi effettuato attraverso il
S.I.B.I.T.(Ruggieri, Galati, Lombardo, 1993, Ruggieri, Marone, Fabrizio, 1997) abbiamo
considerato modalità differenti di percezione corporea: 1) la percezione globale di alcuni distretti
del corpo legata prevalentemente ad operazioni di sintesi percettiva di sub-unità distrettuali; 2)la
percezione focalizzata su distretti di minore ampiezza dovuta ad operazioni di scissione di parti, di
separazione tra aree somatiche effettuata attraverso una diversa focalizzazione attentiva; 3) la
percezione di ampie aree (percezione globale) che è diversa se avviene dopo una fase di esperienza
percettiva analitico-distrettuale. Ad una osservazione superficiale emerge che la relazione tra alcuni
aspetti della costruzione dell’ immagine corporea e atteggiamenti ipocondriaci investe
prevalentemente la modalità percettiva visiva e meno, o solo in minor misura, quella cinestesica.
Questo discorso é particolarmente evidente per quasi tutte le scale del test I.B.Q. tranne che per l’
Irritabilità. Come descritto nei risultati, il punteggio d’ ipocondria cresce parallelamente alla
percezione visiva di alcuni distretti toracici. In altri termini, quanto più un soggetto percepisce
visivamente singoli distretti toracici o un torace “diviso” in parti, tanto più alto è il punteggio di
Ipocondria Generale! Appare dunque più chiaro il legame tra Ipocondria Generale e tendenza ad
una percezione distrettuale visiva parcellizzata del torace. In altri termini se il soggetto “vede
troppo” singoli distretti toracici ed addominali tende ad avere anche alti punteggi di ipocondria
generale. Inoltre la percezione cinestesica globale finale dell’addome (dopo la percezione dei
singoli distretti) è negativa. Pertanto per quanto riguarda la percezione globale dell’ addome, un’
elevata percezione cinestesica si accompagna ad una ridotta ipocondria generale. Si potrebbe quasi
pensare che il soggetto possa ridurre la sua ipocondria spostando l’ attenzione sulla percezione
globale cinestesica dell’ addome.
Se, oltre all’ Ipocondria Generale, passiamo ad analizzare i rapporti tra le altre scale del test e le
modalità percettive della costruzione dell’ immagine corporea, ci rendiamo conto che è difficile
individuare un’ unica linea di tendenza ed un unico schema funzionale.
Si ha una tendenza a confermare l’ andamento generale anche nella Disforia e nella Negazione dove
la correlazione tra punteggio di queste scale e percezione cinestesica si riferisce soltanto a poche
aree. Molto omogeneo é il punteggio di Inibizione Affettiva. In questo caso è facile ipotizzare,
secondo il nostro modello, che l’ Inibizione Affettiva vada di pari passo con la carenza di
informazioni di tipo cinestesico-muscolare-cutaneo provenienti dal corpo. Tale carenza di
informazioni sarebbe espressione diretta di un meccanismo di inibizione che coinvolge anche quei
distretti somatici che sono alla base del vissuto dell’ affettività. Il nostro modello, infatti,
presuppone una stretta relazione tra cambiamenti corporei e vissuti emozionali-affettivi, pertanto l’
Inibizione Affettiva è anche una inibizione degli eventi corporei. I nostri dati hanno rilevato la
presenza di una stretta interazione fra esperienze ipocondriache ed un’ immagine corporea costruita
prevalentemente su informazioni corporee di tipo visivo, mentre per la maggior parte delle scale le

correlazioni negative si riferiscono alle informazioni di tipo cinestesico. Si ha quasi l’ impressione
che la costruzione dell’ immagine corporea su base visiva supplisca in qualche modo all’
esperienza cinestesica, specialmente nei soggetti portatori di ipocondria. Ritorna pertanto il nostro
modello, esposto già in precedenti ricerche (Ruggieri, Castellano, 1993), secondo cui il fenomeno
ipocondriaco sarebbe in qualche modo legato ad una carenza di chiari segnali prevalentemente
cinestesici provenienti dal corpo. Secondo questo modello la indeterminatezza di questi segnali
sarebbe produttrice di un’ ansia relata alla propria esperienza corporea. Unica vistosa eccezione a
questa tendenza generale è rappresentata da una scala in particolare: quella dell’ Irritabilità che
mostra una correlazione negativa con l’ informazione visiva corporea. Per interpretare questo dato,
sottolineiamo innanzitutto il fatto che la percezione visiva, oltre che essere il prodotto di una sintesi
di afferenze, è anche una sorta di controllo sull’ esperienza stessa. In mancanza di segnali corporei
diretti cinestesici l’ informazione visiva diventa una sorta di controllo che si fa garante diretto dell’
esistenza del corpo. Se, dunque, l’ immaginazione visiva circa il corpo si correla negativamente con
la scala dell’ Irritabilità, si può ipotizzare che quest’ ultimo processo derivi proprio dalla percezione
del pericolo di non esistenza che può emergere in rapporto alla scarsità di segnali visivi. In un’
estrema sintesi rileviamo che: 1) sono emerse correlazioni significative tra le scale I.B.Q. ed alcune
modalità di costruzione dell’immagine corporea, e sono più fortemente rappresentate quelle visive
(sia per il torace, sia per l’ addome); 2) le informazioni cenestesiche correlate sono meno numerose,
spesso negative e si riferiscono maggiormente a singoli distretti. Quando si riferiscono alla
percezione globale riguardano l’ addome nell’ Ipocondria Generale (correlazione negativa), nell’
Irritabilità (negativa); il torace globalmente nell’ Inibizione Affettiva (negativa). Ciò vuol dire che
quanto più cresce la problematica ipocondriaca, tanto meno, si percepiscono cenestesicamente il
torace e l’ addome; 3) terzo elemento interessante é che spesso per alcune scale compaiono delle
contraddizioni: nel contesto di una maggioranza di correlazioni positive compaiono correlazioni di
segno opposto. Pertanto in questa ricerca ci limitiamo a segnalare l’ esistenza di queste numerose
correlazioni. Sono indispensabili ulteriori e più approfondite ricerche per mettere meglio a fuoco il
significato di queste relazioni. Resta comunque l’ipotesi generale che la presenza di segnali
corporei, che sono alla base di un vissuto di ipocondria, possano comparire in rapporto ad una
modalità, efficace o meno, di sintesi dell’ informazione sensoriale corporea che dà luogo all’
immagine corporea.

BIBLIOGRAFIA

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CLUEB, Bologna, 1984

SUMMARY

Abbiamo esaminato la relazione tra il fenomeno Ipocondria, considerata come una dimensione e
non come categoria patologica, e il modo di costruire l’ immagine corporea in 30 donne,
studentesse di Psicologia, di età compresa tra i 20 ei 30 anni.
Gli strumenti utilizzati sono stati:
1) S.I.B.I.T.
2) I.B.Q.
I risultati hanno mostrato interessanti relazioni tra il fenomeno Ipocondria esplorato da diverse
scale e i canali percettivi privilegiati nella costruzione dell’ immagine corporea. In particolare è
emerso che i punteggi delle diverse scale del test sull’ Ipocondria, tendono a crescere in rapporto
all’ intensità della percezione del corpo di tipo visivo. I dati sono stati interpretati alla luce di un
modello psicofisiologico integrato.